Sezione Laura e Lina Polizzi

Autore: segreteria (Page 1 of 2)

LA POESIA E’ TERRA LIBERA

Sabato scorso, 21 gennaio , si è tenuto presso la Sede Anpi di Parma un altro incontro di lettura ad alta voce di poesia. I nostri incontri sono sempre vivaci e divertenti oltre che spunto di riflessione e di discussione, ecco cosa ne pensa la nostra volontaria -poetessa Sara Ferraglia:


Incontro sulle scale Elisabetta
-Cercavo L’Anpi – l’accompagno e in fretta
entriamo in Terra libera, poesia
Ci accoglie col sorriso Annamaria

e ci presenta  tagesmutter Elisa
che pare di poesia essere intrisa
quando dallo zainetto estrae seriosa
una carpetta rosa, misteriosa.

Licia al mio fianco, poi il campanello.
Entra Laviosa col suo bel cappello.
Arrivano più tardi, in compagnia,
dal Montanara Claudia con Lucia.

Ci siamo tutte in questa Terra verde,
per Elide un ricordo  si disperde
fra versi di Grace Paley e di Gualtieri,
dei greci antichi, Saffo e i suoi pensieri.

Si accendono vivaci discussioni
che svelano di ognuna le passioni,
dal femminismo della Maraini
al genere spiegato anche ai bambini.

Così due ore son volate via
in questa Terra libera, poesia

Sara Ferraglia

la desbandà ha nome di donne

di Antonella Mezzadri

Il primo febbraio partirà da Malaga la 7° marcia integrale de “La Desbandá” che in 10 tappe ci porterà fino ad Almería. La marcia vuole ricordare la più grande strage di civili della guerra spagnola, quando gli abitanti di Málaga, fuggiti in massa il 7 febbraio del 1937, per scappare dalla brutalità e dalla violenza delle truppe fasciste furono ripetutamente bombardati da aerei tedeschi ed italiani, e cannoneggiati via mare dagli incrociatori spagnoli Baleari, Canarie e Cervera. I morti, nella stragrande maggioranza donne e bambini, furono migliaia. Scopo della marcia non è solo ricordare, ma chiedere verità, giustizia e riparazione. Quest’anno il tema conduttore sarà “La desbandà ha nome di donne”, in particolare sarà dedicata a Matilde Landa e Tina Modotti che sotto le bombe lavorarono instancabilmente per portare soccorso alla popolazione. Tina Modotti è conosciuta anche in Italia, mentre sono pochissimi quelli che conoscono la figura di Matilde Landa. Questa è la sua storia.

CARCERE DI VENTAS

La prima cosa che mi viene in mente pensando a Matilde Landa è il ticchettio di una macchina da scrivere: ticchete… ticchete… tacchete… questo e il rumore che esce ininterrottamente dalla sua cella. Madrid, 1939: siamo nel braccio della morte del carcere femminile di Ventas. Qui circa 190 donne aspettano il giorno dell’esecuzione. Anche Matilde è in attesa: “adhesión a la rebelión” recita il verdetto del consiglio di guerra che l’ha condannata alla pena capitale. Matilde, però, questa attesa deve riempirla con qualcosa di utile e, incredibilmente, ci riesce: trasforma la sua cella in un ufficio di assistenza legale per le altre detenute; è l’unica possibilità di salvezza per queste donne, molte delle quali analfabete, che a causa delle difficoltà burocratiche e la mancanza di conoscenze legali non sanno nemmeno che si possono appellare. Sono poche quelle che riesce a salvare, ma il suo ufficio diventerà un punto di appoggio psicologico, un luogo dove si intessono piccoli fili di una rete di aiuto tra le donne, una piccola luce nelle tenebre del carcere. Ecco, per me bastano queste righe per delineare la forza, il coraggio, la tenacia e l’umanità immensa di questa giovane donna. Ma chi è Matilde Landa?

MATILDE LANDA

Matilde nasce nel 1904 a Badajoz da una famiglia ricca e influente, ma soprattutto in casa sua si coltiva la libertà di pensiero, si dà spazio alla cultura, alla scienza e alle idee più innovative dell’epoca. Una famiglia “strana” per quei tempi: addirittura il padre e la madre erano sposati solo civilmente e Matilde non viene nemmeno battezzata!
A 19 anni lascia Badajoz per trasferirsi a Madrid, dove studia scienze naturali all’ università: anche questa una cosa molto “strana” per la Spagna di quei tempi dove le scienze erano considerate per niente adatte alle donne.
Matilde inizia la militanza politica durante la seconda repubblica: partecipa a congressi, lavora con il soccorso rosso internazionale, diventa amica di Vittorio Vidali e della sua compagna Tina Modotti e si iscrive al partito comunista spagnolo all’inizio del 1936.
Dopo pochi mesi scoppia la guerra civile e si arruola nel battaglione femminile del Quinto Regimiento. È naturale: nella sua famiglia le hanno insegnato che donne e uomini hanno gli stessi diritti e doveri. Qui riceve un’istruzione militare: impara a lanciare granate, a maneggiare fucili e pistole, ma non arriverà mai a sparare un colpo: le sue idee sono troppo avanti anche per i suoi stessi compagni di partito che non vedono di buon occhio la presenza femminile in un corpo
militarizzato. Così le due uniche compagnie femminili che si erano formate si sciolgono ancor prima di essere entrate in azione. A Matilde vengono allora assegnati incarichi pensati appositamente per le donne di quell’epoca: la cura dei feriti negli ospedali, l’assistenza ai profughi e rifugiati, soprattutto ai bambini. Si occupa della loro evacuazione dalle zone di guerra, di alloggio, assistenza medica, addirittura dei momenti ricreativi e dei campi estivi. Ai bambini Matilde dedicherà tutte le sue forze ed energie, saranno sempre al centro dei suoi pensieri; sicuramente quando pensa ai bambini pensa anche a sua figlia Carmen. Già, perché la piccola Carmencita non è più con lei: la Spagna in piena guerra civile non è posto per una bambina di 5 anni, soprattutto se si ha una madre così impegnata, e così è stata mandata in Russia. Matilde non la rivedrà più ma le scriverà lettere di una bellezza struggente.
Anche durante La Desbandá di Málaga, dove Matilde accorre insieme all’amica Tina Modotti per portare soccorsi, il suo ruolo sarà importantissimo. È grazie al suo lavoro come responsabile del Soccorso rosso internazionale che molti profughi riceveranno aiuti e che molti bambini persi durante la fuga, ritroveranno le loro famiglie. Nel gennaio del ’39, quando ormai la guerra è perduta, la troviamo a Barcellona. Ragazza coraggiosa, Matilde: mentre tutti cercano di fuggire e di mettersi in salvo, lei torna a Madrid, con un nuovo compito: organizzare e guidare il partito comunista spagnolo davanti all’ imminente l’entrata in città delle truppe franchiste. Che è come infilarsi nella bocca del leone.
Si dura poco nella Madrid di fine guerra: Matilde viene arrestata in aprile.
Sei mesi di totale isolamento, senza poter comunicare con nessuno e senza mai vedere la luce del sole; e poi la condanna a morte. Pare le avessero offerto la libertà, a patto che rinnegasse pubblicamente il Partito Comunista Spagnolo. Matilde si rifiuta di farlo. Intanto un amico di famiglia vicino ai franchisti, il filosofo e sacerdote Manuel García Morente, riesce nella difficile impresa di salvarle la vita: la sua condanna è commutata in 30 anni di carcere da scontarsi in una prigione fuori dalla penisola.

PALMA DE MALLORCA

Nell’agosto del 1940 arriva nel carcere femminile di Palma de Mallorca: sovraffollamento, fame, mancanza totale di igiene e vessazioni continue fanno di questo carcere gestito da “las Hermanas de Santa Cruz” uno dei più terribili di tutta la Spagna.
Anche qui, come a Ventas, Matilde diventa un punto di riferimento importante per le carcerate, organizzando minime azioni di resistenza e ottenendo piccoli miglioramenti delle condizioni di vita all’interno del carcere. Naturalmente, anche qui, le autorità religiose della prigione si accaniscono contro di lei ed è oggetto di numerose sanzioni, non solo a causa della sua attività organizzativa, ma per la sua singolarità: Matilde è una donna colta, intelligente, con un grande ascendente sulle altre carcerate e in poco tempo è diventata un simbolo di dignità e di resistenza. E poi c’è un’altra
cosa che le autorità religiose del carcere non sopportano: Matilde non è battezzata!
Cominciano allora le pressioni delle suore perché si converta al cattolicesimo: sarebbe stato un atto di propaganda di prim’ordine per la dittatura: Matilde Landa, la “rossa”, la comunista si battezza! Ai franchisti non era bastato vincere, fucilare, incarcerare: bisognava umiliare e convertire gli sconfitti.
Le pressioni subite da parte delle militanti dell’azione cattolica furono terribilmente crudeli, ma Matilde non cede. Le tolgono il permesso di leggere e scrivere, la rinchiudono per 4 mesi in isolamento in una cella senza luce, la minacciano di trasferirla alle isole Canarie.
Ma Matilde dice no.
Matilde non molla.
Alle religiose resta un’ultima carta da giocare: il ricatto. Le piccole conquiste di miglioramento di vita all’interno del carcere si convertono in merce di scambio per ottenere la cristianizzazione di Matilde: se non si converte toglieranno la razione di latte supplementare ai figli delle detenute.
Questa volta non può rifiutare: Matilde dice sì

LA MORTE

Il suo battesimo pubblico è previsto per il 26 settembre alla presenza del Governatore e del vescovo di Palma.
Matilde gli rovina la festa: si suicida gettandosi dal tetto della prigione.
La sua agonia durò 45 minuti giusto il tempo perché le autorità religiose riuscissero a somministrarle il battesimo in “articulo mortis”.
Prima di morire scrisse un’ultima lettera a sua figlia Carmen:
“Carmen, Carmen ho bisogno di ripetere tante volte il tuo nome……
Mi hanno lasciato avvicinare all’infermeria perché il vescovo e il governatore non sono ancora arrivati. Oggi è arrivato il gran giorno, dicono. Donna Barbara*, le altre signore dell’azione cattolica e le monache si staranno leccando i baffi per il trionfo. Il dolore che ho nel petto non mi lascia pensare, piccola Carmen, però non credo che l’olio di canfora possa alleviare la mia sofferenza, perché è un altro dolore, più profondo quello che mi angoscia […]. Non posso vedere senza piangere i visi di questi bambini che minacciano di lasciare senza latte se io non mi converto. Tu lo sai, piccola Carmen quanto mi preoccupino i bambini, i più sfortunati, con i loro piccoli cuori così sensibili e così in balia dei capricci degli adulti. Non posso, non posso accettarlo. Sarebbe come prostituirsi…
Si sta facendo tardi, Carmencita, sento rumori di motori e di cancelli che si aprono.
Spero che tu continui a volermi bene e che tu ti ricordi di me, nonostante quello che ti racconteranno, nonostante quello che sto per fare. Che tu, mia piccolina, e che questi poveri bambini mi perdoniate.
Molti baci e molti abbracci da tua madre.”

*Barbara Pons era la catechista che le avevano assegnato affinché si convertisse.

Lo scrittore uruguayano Eduardo Galeano ricorda la sua morte con queste parole:

Carcere di Palma di Maiorca, autunno del 1942: la pecorella smarrita.

È tutto pronto. In formazione militare, le prigioniere attendono. Arrivano il vescovo e il governatore civile. Oggi Matilde Landa, rossa e a capo dei rossi, atea convinta e dichiarata, si convertirà alla fede cattolica e riceverà il santo sacramento del battesimo. La pentita entrerà a far parte del gregge del Signore e Satana perderà una delle sue.
Si fa tardi.
Matilde non compare.
È sul terrazzo, nessuno la vede.
Da lassù si butta giù.
Il corpo esplode, come una bomba, nel cortile della prigione.
Nessuno si muove.
La cerimonia prevista si compie.
Il vescovo fa il segno della Croce, legge una pagina dei vangeli, esorta Matilde a rinunciare al Male, recita
il Credo e tocca la sua fronte con l’acqua consacrata.

Festival della Pace 2022

Una nostra giovane tesserata ha partecipato alla giornata inaugurale del Festival della Pace e ci ha inviato le sue riflessioni che accogliamo con piacere e condividiamo con tutti voi:
“26 Aprile 1995 (art.11): è proprio nei momenti di confusione e transizione che le Costituzioni adempiono alle proprie funzioni. Cercate dunque di farvela amica, la Costituzione. Viviamo la conferma della storia: la corsa al riarmo porta alla guerra.” E mi domando, anche da vicino, guardando alla storia della mia famiglia, alle mie radici, se nel 2022, i miei bisnonni fossero a conoscenza della situazione politico-sociale che stiamo vivendo ora, di nuovo. Cosa penserebbero? Se sentissero l’instabilità, l’incertezza, la paura. Ma, soprattutto, se vedessero questa spaventosa incoscienza. La tesi che scrissi sullo scambio di lettere tra i componenti della mia famiglia, durante la Seconda Guerra Mondiale, è tutt’ora, più che mai, attuale. Come ribadivo ieri, sento forte l’esigenza oggi, di un appello perché la nostra società acquisti il filtro critico, essenziale per comprendere quanto sia sottile confine tra democrazia e dittatura, e quanto facile all’uomo oltrepassare quel limite. Oggi come allora, resta l’urgenza di farsi porta voci di una guerra intellettuale che educhi ad una cultura di pace. Una vera e propria missione per la pace. Concludo con queste parole, che hanno fatto riaffiorare in me la presenza del mio bisnonno, quando sulle sue ginocchia a stento mi parlava della guerra che aveva combattuto. Questa mattina la sua assenza si è materializzata accanto a me, forte come mai prima di allora: “chi ha combattuto in passato per la pace e la giustizia è qui con noi. Sappiamo che ci daranno coraggio. Abbiamo l’obbligo morale di riconoscere il primato del diritto sulla forza.”

Chiara Pedretti

TRE SERE PER LA COSTITUZIONE

Per tre sere la sede ANPI di P.le Barbieri ha acceso le luci sulla Costituzione.
Gli incontri sono stati promossi da ANPI Provinciale e dalla Sezione cittadina,
in occasione della formazione rivolta alle due ragazze volontarie del Servizio
Civile. Protagonista è stata appunto la Costituzione a tutto tondo di cui è stato
seguito l’impianto antifascista che va dal 1° al 139° articolo.
Attraverso le parole dei Costituenti si sono analizzati i Principi Fondamentali
dimostrando come, nella loro espressione di principio, essi escludano il loro
contrario, in pensieri, parole e azioni.
Nella prima parte abbiamo affrontato il rapporto fra Diritti e Doveri dei
Cittadini, come la risposta sempre attuale alle negazioni delle libertà individuali
e collettive perpetrate dal fascismo.
Nella seconda parte abbiamo affrontato il tema dei ruoli e dei compiti dei
Parlamentari, del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio,
dimostrando che è nell’equilibrio dei poteri che si garantisce la democrazia e,
dunque, non è l’uomo solo al comando la risposta adeguata alla soluzione dei
problemi.
Nella terza parte abbiamo dimostrato che la definizione di comuni, provincie e
regioni attraverso le loro funzioni specifiche è la risposta al totalitarismo,
affrontando, inoltre, il tema dei servizi e di come debbano essere garantiti nello
specifico delle autonomie locali.
Tre serate che hanno dato lo stimolo a diverse riflessioni sull’attualità (come è
la Costituzione), a un confronto interessante e aperto con i partecipanti e,
soprattutto, hanno sottolineato l’importanza dell’impegno a garantirne
l’integrità, in particolare attuando quelle disposizioni che ancora non sono
applicate.
Un ringraziamento a Marzia Moreni per ANPI Provinciale, a Brunella Manotti
per ANPI sezione di Parma e a Erica Bassi e Nicole Domina per la loro
importante presenza.


Paolo Papotti
Anpi provinciale di Parma

Consigli di lettura estiva

Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo.

Malala Yousafzai

Questa è la parte più bella di tutta la letteratura: scoprire che i tuoi desideri sono desideri universali, che non sei solo o isolato da nessuno. Tu appartieni.

 Francis Scott Fitzgerald

Abbiamo chiesto ad alcune volontarie di offrirci buoni consigli di lettura per l’estate e non solo.

Questi sono i titoli che ci hanno inviato e che vogliamo condividere con voi, ai quali abbiamo aggiunto anche una breve filmografia.

Aspettiamo anche le vostre proposte che potete inviarci via e.mail e che verranno pubblicate sul nostro sito.

Consigli di Antonella Mezzadri

Guerra civile spagnola e dintorni

1. Almudena Grandes, Il ragazzo che leggeva Verne, Guanda 2012

Secondo episodio della serie.

Non è vero che la guerra civile è finita nel 1939. Ne sa qualcosa Nino, figlio undicenne di una guardia civile di stanza nella regione montuosa di Jaen, Andalusia.

Qui, ancora nel 1947, il leggendario partigiano Cencerro imperversa sui monti.

Nino, che vive con la sua famiglia nella caserma del paese, non potrà mai dimenticare quell’estate: il giorno di luglio in cui Cencerro si suicida per sfuggire alla cattura, il mulino accanto al fiume dove va a caccia di granchi con Pepe il portoghese, misterioso e affascinante forestiero che diventa suo amico e modello, il podere delle Bionde, famiglia di sole donne (vedove e orfane) che resistono orgogliose alle vessazioni del franchismo.

Uno stile magico per descrivere la memoria, la malinconia e la speranza di un bambino dall’infanzia complicata, con pochi spazi di vita serena e il rifugio preferito in Giulio Verne.

2. Almudena Grandes, Inés e l’allegria, Guanda 2018

È il primo dei sei libri previsti dall’autrice per la serie “episodi di una guerra interminabile” che hanno come sfondo la guerra civile o la dittatura franchista.

Inés, giovane donna appartenente a una famiglia borghese e di destra, si ritrova sola a Madrid in piena guerra civile: comincia a frequentare un gruppo di giovani comunisti e trasforma la casa di famiglia in un ufficio del soccorso rosso internazionale.

Dopo molte vicissitudini, a guerra finita, viene relegata dal fratello in una casa sperduta in mezzo ai Pirenei. In questa prigione dorata solo due cose la consolano: la scoperta dei piaceri della cucina e l’ascolto di radio Pirenaica, la radio clandestina del partito comunista spagnolo.

È così che viene a sapere che un esercito di repubblicani spagnoli rifugiati in Francia si prepara ad invadere la valle di Aran, proprio vicino a casa sua.

Inés capisce che è il momento di riscattarsi e si unisce a loro.

La narrazione degli eventi è affidata a tre voci che si incrociano: quella di Inés, quella del capitano Galan e quella della Storia con la esse maiuscola in cui vengono rigorosamente analizzate le vicende del partito comunista spagnolo e dei suoi leader in esilio in Francia.

3. Alicia Gimenez-Bartlett, Dove nessuno ti troverà, Sellerio 2014

Un medico ricercatore francese, specializzato in menti criminali, arriva nella Spagna degli anni Cinquanta per realizzare uno studio sopra Teresa Pla Mesenguer, chiamata la Pastora. Accusata di 29 omicidi è il maquis più ricercato dalla guardia civil, nonché una leggenda vivente perché continua a essere libero. Lo accompagna in questa ricerca, niente affatto facile, perché la Pastora si nasconde dove nessuno l ‘ha ancora scovata, un cinico giornalista spagnolo. I due intraprendono un viaggio in una Spagna poverissima, cupa, paurosa e terribile.

Alla fine la troveranno e Teresa, personaggio realmente esistito che fu sia uomo che donna, racconterà la sua storia in modo commovente e delicato, ma con parole potentissime.



Consigli di Paola Varesi

Storie dal mondo

Fernando Aramburu, Patria, Guanda 2017

Due famiglie legate a doppio filo, quelle di Joxian e del Txato, cresciuti entrambi nello stesso paesino alle porte di San Sebastián, vicini di casa, inseparabili nelle serate all’osteria e nelle domeniche in bicicletta. E anche le loro mogli, Miren e Bittori, erano legate da una solida amicizia, così come i loro figli, compagni di giochi e di studi tra gli anni Settanta e Ottanta. Ma poi un evento tragico ha scavato un cratere nelle loro vite, spezzate per sempre tra un prima e un dopo: il Txato, con la sua impresa di trasporti, è stato preso di mira dall’ETA, e dopo una serie di messaggi intimidatori a cui ha testardamente rifiutato di piegarsi, è caduto vittima di un attentato… Bittori se n’è andata, non riuscendo più a vivere nel posto in cui le hanno ammazzato il marito, il posto in cui la sua presenza non è più gradita, perché le vittime danno fastidio. Anche a quelli che un tempo si proclamavano amici. Anche a quei vicini di casa che sono forse i genitori, il fratello, la sorella di un assassino. Passano gli anni, ma Bittori non rinuncia a pretendere la verità e a farsi chiedere perdono, a cercare la via verso una riconciliazione necessaria non solo per lei, ma per tutte le persone coinvolte.

Con la forza della letteratura, Fernando Aramburu ha saputo raccontare una comunità lacerata dal fanatismo, e allo stesso tempo scrivere una storia di gente comune, di affetti, di amicizie, di sentimenti feriti.

Valerio Evangelisti, Il sol dell’avvenire, Oscar 451 2019

Valerio Evangelisti, distaccandosi dai temi narrativi che lo hanno reso noto come scrittore, racconta in questo romanzo di ampio respiro le vicende di alcune famiglie di braccianti e contadini romagnoli, dall’epoca post-risorgimentale alle soglie del 1900. Sono storie minute, in cui si intrecciano momenti ora drammatici ora briosi. Assieme disegnano un quadro ben più grande, esteso a tutta l’Emilia Romagna e all’Italia. La trasformazione agricola di una regione, la bonifica di territori malsani, l’affermarsi del movimento cooperativo e di quello socialista, con le sue varie anime spesso conflittuali, la lenta e sanguinosa conquista della democrazia. Ciò è visto con gli occhi di protagonisti solo in parte consapevoli dello scenario grandioso in cui si muovono. Attilio, l’ex garibaldino che sperimenta tutte le forme e le miserie del precariato; Rosa, vittima predestinata ma non docile dello sfruttamento e dell’arroganza di chi comanda; Canzio, il ribelle per indole, refrattario all’ideologia e attratto dall’azione. Assieme a costoro una folla colorita di personaggi turbolenti e litigiosi, spesso realmente esistiti; trascinati in vicende politiche e umane che li porteranno dalle pianure e dai colli di Romagna alle paludi dell’Agro romano, fino ai campi di battaglia in Grecia. Umili costruttori di un Sole dell’Avvenire che non sorgerà mai, quanto meno nelle forme che speravano. Inizio di una trilogia estesa per un settantennio…

Paolo Nori, Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostojevskij, Mondadori 2021

Tutto comincia con “Delitto e castigo”, un romanzo che Paolo Nori legge da ragazzo: è una iniziazione e, al contempo, un’avventura. La scoperta è a suo modo violenta: quel romanzo, pubblicato centododici anni prima, a tremila chilometri di distanza, apre una ferita che non smette di sanguinare. “Sanguino ancora. Perché?” si chiede Paolo Nori, e la sua è una risposta altrettanto sanguinosa, anzi è un romanzo che racconta di un uomo che non ha mai smesso di trovarsi tanto spaesato quanto spietatamente esposto al suo tempo. Se da una parte Nori ricostruisce gli eventi capitali della vita di Fëdor M. Dostoevskij, dall’altra lascia emergere ciò che di sé, quasi fraternamente, Dostoevskij gli lascia raccontare. Ingegnere senza vocazione, genio precoce della letteratura, nuovo Gogol’, aspirante rivoluzionario, condannato a morte, confinato in Siberia, cittadino perplesso della “città più astratta e premeditata del globo terracqueo”, giocatore incapace e disperato, marito innamorato, padre incredulo (“Abbiate dei figli! Non c’è al mondo felicità più grande”, è lui che lo scrive), goffo, calvo, un po’ gobbo, vecchio fin da quando è giovane, uomo malato, confuso, contraddittorio, disperato, ridicolo, così simile a noi. Quanto ci chiama, sembra chiedere Paolo Nori, quanto ci chiama a sentire la sua disarmante prossimità, il suo essere ferocemente solo, la sua smagliante unicità? Quanto ci chiama a riconoscere dove la sua ferita continua a sanguinare?

Santo Peli, La necessità, il caso, l’utopia. Saggi sulla guerra partigiana e dintorni, Edizioni BFS 2022

I saggi contenuti in questo volume sono stati scritti tra il 2010 e il 2021 nell’intento di evitare il rischio di un approccio idealistico, astratto, tipico di un “tempo senza storia”, per tenere invece sempre presente il contesto nel quale diviene possibile “scegliere”, assumere decisioni e responsabilità in prima persona, disobbedire, ribellarsi.

La stessa immagine della guerra partigiana sembra ormai decontestualizzata, privata della sua genesi laboriosa, incerta, complicata; e anche sembrano svanire il percorso tortuoso, le lacerazioni interne, le aspirazioni contraddittorie. Apprezzare, come è doveroso, la moralità della Resistenza, fare della guerra partigiana un deposito di valori fondativi è cosa buona e giusta; a patto, però, di far tesoro delle raccomandazioni e dei timori dei migliori tra i partigiani, che invitano a vederli per come sono, al di fuori di ogni retorica “patriottica o pseudoliberale”.

 Phan Que Mai Nguyen, Quando le montagne cantano, Nord 2021

Un paese in guerra. Una famiglia divisa. Una storia di coraggio e speranza. Dal loro rifugio sulle montagne, la piccola Huong e sua nonna Dieu Lan sentono il rombo dei bombardieri americani e scorgono il bagliore degli incendi che stanno devastando Hanoi. Fino a quel momento, per Huong la guerra è stata l’ombra che ha risucchiato i suoi genitori, e adesso quell’ombra sta avvolgendo anche lei e la nonna. Tornate in città, scoprono che la loro casa è completamente distrutta, eppure non si scoraggiano e decidono di ricostruirla, mattone dopo mattone. E, per infondere fiducia nella nipote, Dieu Lan inizia a raccontarle la storia della sua vita: degli anni nella tenuta di famiglia sotto l’occupazione francese e durante le invasioni giapponesi; di come tutto fosse cambiato con l’avvento dei comunisti; della sua fuga disperata verso Hanoi senza cibo né denaro e della scelta di abbandonare i suoi cinque figli lungo il cammino, nella speranza che, prima o poi, si sarebbero ritrovati. E così era accaduto, perché lei non si era mai persa d’animo.  Quando la nuova casa è pronta, la guerra è ormai conclusa. I reduci tornano dal fronte e anche Huong finalmente può riabbracciare la madre, Ngoc. Ma è una donna molto diversa da quella che lei ricordava. La guerra le ha rubato le parole e toccherà a Huong darle una voce, per aiutarla a liberarsi del fardello di troppi segreti…  La saga di una famiglia che si dipana lungo tutto il Novecento, in un Paese diviso e segnato da carestie, guerre e rivoluzioni. Tre generazioni di donne forti, che affrontano la vita con coraggio e determinazione. Una storia potente e lirica insieme, che ci ricorda il valore dei legami familiari e gli ostacoli che siamo disposti a superare per rimanere accanto alle persone che amiamo.

Consigli di Giovanna Bertani

Libri documento degli avvenimenti storici della Seconda guerra mondiale

Miriam Mafai, Pane nero. Donne e vita quotidiana nella seconda guerra mondiale, Rizzoli 2022

Quando la sera del 10 giugno 1940 Mussolini annunciò all’Italia l’entrata in guerra, nessuno poteva prevedere ciò a cui si stava andando incontro. Quello che doveva essere un “conflitto lampo” durò invece cinque lunghissimi anni, durante i quali le donne assunsero un ruolo di primo piano, combattendo contro la fame, le bombe e la fatica di una guerra interminabile. Con la forza evocativa neorealista, Miriam Mafai ricostruisce la vita quotidiana di questo esercito femminile, raccontando un’epopea che ha come scenario le città bombardate e le campagne percorse dalle fanterie di tutti gli eserciti e per protagoniste le donne, diventate capofamiglia e uniche vincitrici di un conflitto perduto. La prima storia delle donne durante la Seconda guerra mondiale. Un libro fondamentale ancora oggi per la questione femminile in Italia.

Anna Foa, Portico d’Ottavia 13, Editori Laterza 2015

Un’antica casa medioevale ormai degradata, un vasto cortile rinascimentale. È qui che il 16 ottobre del 1943 i nazisti arrestano più di trenta ebrei, un terzo dei suoi abitanti, tra i più poveri della Comunità. Sono per lo più vecchi, donne e bambini. Altri quattordici saranno catturati nei mesi successivi. Questa è la storia degli abitanti della Casa e dei nove mesi segnati per gli ebrei romani da oltre duemila deportazioni. Sono presi per strada, nel quartiere del vecchio ghetto da cui non si sono allontanati, nelle stesse case in cui sono tornati, nei negozi, perfino al bar. Li arrestano soprattutto i fascisti, le bande autonome dipendenti direttamente da Kappler mosse dall’avidità della taglia, guidate dalle delazioni delle spie. Tutto può accadere: sono l’avidità e la crudeltà la norma della spietata caccia all’uomo. Quando le spie indicano gli ebrei alle bande, un carrozzone si avvicina per far salire gli arrestati, liberarne alcuni, mandarne altri a morte, a seconda della convenienza e del capriccio. L’arbitrio era re nella Roma di quei mesi. Intorno, il caos più tremendo, nessuna forma di organizzazione, il vuoto, i bombardamenti, la fame, i rastrellamenti, le fosse Ardeatine. Il quartiere è il teatro di questa caccia infinita, un teatro che attira come una calamita i suoi abitanti e i cacciatori, che conoscono le loro prede e sanno come e dove trovarle.

Romanzi fondati su vicende autobiografiche sempre nell’arco di tempo della Seconda guerra mondiale

Edith Bruck, Il pane perduto, La nave di Teseo 2021

L’ultimo libro di Edith Bruck unisce in un’unica grande opera ciò che l’autrice ha visto, vissuto, pensato e scritto: un’amorevole dolcezza prosciuga altri sentimenti (come l’odio legittimo per l’orrore e i carnefici), perché Edith è salva e tenuta in vita da un legame fortissimo, un misto di orgoglio e pietà affettuosa per chi, come lei, è stata spinta nella galleria dell’orrore. Nella visita sul fondo della memoria Edith ripercorre il miserabile inferno preparato meticolosamente dai suoi aguzzini (tornati come in un incubo), vittime di una solitudine che si nutre di morti. Ma la vita è troppo forte e l’istinto, ancora bambino, di saltare avanti è troppo grande. E quando, nella realtà come in questo nitidissimo racconto, vita e morte, distruzione e futuro si spaccano, Edith è già saltata sul lastrone della vita.

Lia Levi, L’amore mio non può, Edizioni E/o 2010

È il 1939. Un uomo vola giù dal muraglione del Pincio a Roma. Ha perduto il posto di lavoro a causa delle leggi razziali dell’anno prima e non ha sopportato lo shock. Ha lasciato un biglietto nel quale chiede alla giovane moglie di salvare la loro bambina. Salvarla sì ma come? Elisa non possiede denaro e anche se diplomata maestra non lavora. Finirà con l’accettare il posto di cameriera in una famiglia di ebrei ricchi. Ma la comune appartenenza religiosa non la preserverà da una serie di episodi umilianti. Il destino però a volte si muove per sue misteriose vie… Romanzo carico di tensione L’amore mio non può trasporta il lettore nel tempo buio del fascismo e del nazismo confrontandolo con grandi dilemmi morali e con personaggi che come spesso accade nei libri di Lia Levi partendo dal quotidiano affrontano le forze avverse della storia attraverso la loro irrinunciabile umanità.

Romanzo sulla Resistenza vista dagli occhi di una bambina

Simona Baldelli, Evelina e le fate, Giunti 2013

La narrazione si apre con una scena memorabile, l’arrivo degli sfollati: a Evelina pare che dalla neve stiano uscendo le anime dei morti. La bambina vede due fate: la Nera, dai tratti cupi, e la Scepa, la fata allegra, colorata, con una veste a fiori, che ride sempre. Nei dintorni del casolare girano i partigiani: il loro capo, il Toscano, ottiene dal padre di Evelina, che con loro simpatizza, del cibo. Evelina e i suoi fratelli Sergio e Maria trovano il cadavere di un tedesco ammazzato dai partigiani: la Nera li fa scappare in tempo, e li spinge a nascondersi, pochi attimi prima dell’arrivo dei tedeschi. In un succedersi incalzante di colpi di scena, sulle colline attraversate dalla linea gotica alle spalle di Pesaro, in attesa dell’arrivo degli Alleati, trascorre l’ultimo anno della Seconda guerra mondiale filtrato dallo sguardo magico dell’infanzia, e travolge tutta la famiglia di Evelina, padre e madre molto malata, i fratelli, e il segreto di una bambina ebrea nascosta sotto una botola dentro la stalla. 

Romanzi con fondamenti storici

Melania G. Mazzucco, L’architettrice, Einaudi 2019 (Storia di Plautilla Bricci signora dell’Arte del 1624)

Giovanni Briccio è un genio plebeo, osteggiato dai letterati e ignorato dalla corte: materassaio, pittore di poca fama, musicista, popolare commediografo, attore e poeta. Bizzarro cane randagio in un’epoca in cui è necessario avere un padrone, Briccio educa la figlia alla pittura, e la lancia nel mondo dell’arte come fanciulla prodigio, imponendole il destino della verginità. Plautilla però, donna e di umili origini, fatica a emergere nell’ambiente degli artisti romani, dominato da Bernini e Pietro da Cortona. L’incontro con Elpidio Benedetti, aspirante scrittore prescelto dal cardinal Barberini come segretario di Mazzarino, finirà per cambiarle la vita. Con la complicità di questo insolito compagno di viaggio, diventerà molto piú di ciò che il padre aveva osato immaginare. Melania Mazzucco torna al romanzo storico, alla passione per l’arte e i suoi interpreti. Mentre racconta fasti, intrighi, violenze e miserie della Roma dei papi, e il fervore di un secolo insieme bigotto e libertino, ci regala il ritratto di una straordinaria donna del Seicento, abilissima a non far parlare di sé e a celare audacia e sogni per poter realizzare l’impresa in grado di riscattare una vita intera: la costruzione di una originale villa di delizie sul colle che domina Roma, disegnata, progettata ed eseguita da lei, Plautilla, la prima architettrice della storia moderna.

Irène Némirovsky, Il ballo (rapporto fra madre e figlia), Adelphi 2005

La quattordicenne Antoinette decide di gettare nella Senna tutti gli inviti che la madre, volgare e arcigna parvenue, ha stilato per il ballo destinato a segnare il suo ingresso nella brillante società parigina. È una vendetta, che la ragazza consuma nei confronti della madre. In poche pagine, con una scrittura scarna ed essenziale, l’autrice riesce a raccontare un dramma dell’amore, del risentimento e dell’ambizione. Irène Némirovsky, nata a Kiev nel 1903, è morta ad Auschwitz nel 1942.

Irène Némirovsky, Come le mosche d’autunno, Garzanti 2017

La vecchia nutrice Tatjana Ivanovna ha consacrato la propria vita a educare i figli della nobile famiglia Karin. Quando la rivoluzione russa travolge il suo mondo, li segue prima a Odessa, poi a Parigi, nel piccolo quartiere di Ternes. Qui i sopravvissuti di un mondo scomparso si aggirano «come le mosche d’autunno». Un piccolo capolavoro in cui l’intima sensibilità e il sapiente tocco dell’autrice fanno rivivere la poesia e la nostalgia delle migliori pagine di Anton Cechov.

Simonetta Agnello Hornby, La Mennulara, Universale economica Feltrinelli 2020

Da quando La Mennulara fu data alle stampe nel 2002, Simonetta Agnello Hornby ha sempre pensato che sarebbe ritornata sul romanzo per un ulteriore lavoro di approfondimento e per aggiungere quelli che da allora ha chiamato “i capitoli perduti”, ovvero pagine andate effettivamente perdute ma popolate di immagini rimaste incise nella sua memoria: quelle pagine inedite sono state finalmente ricostruite e ora rafforzano la macchina della storia, l’atmosfera della narrazione, i profili di alcuni personaggi. Roccacolomba, Sicilia, 23 settembre 1963. È morta la Mennulara, al secolo Maria Rosalia Inzerillo, domestica della famiglia Alfallipe, del cui patrimonio è stata da sempre – e senza mai venir meno al ruolo subalterno – oculata amministratrice. Tutti ne parlano perché si favoleggia della ricchezza che avrebbe accumulato, forse favorita dalle relazioni con la mafia locale. Tutti ne parlano perché sanno e non sanno, perché c’è chi la odia e la maledice e chi la ricorda con gratitudine.

Isabella Allende, Donne dell’anima mia, Universale economica Feltrinelli 2022

Con leggerezza e ironia, Isabel Allende rievoca momenti del passato e indugia sul presente per raccontarci le ragioni del suo femminismo, partendo dalle origini, dalla sua infanzia e adolescenza passate nella cornice di una rigida struttura patriarcale. L’istinto di ribellione è una sorta di reazione naturale al maschilismo imperante, e genera in lei l’attitudine che negli anni l’ha portata a schierarsi sempre con i deboli, gli emarginati e tutte le donne che lottano per l’emancipazione. Isabel ci racconta le tappe del suo cammino, dal raggiungimento dell’indipendenza economica alle relazioni tra i sessi, la sua biografia sentimentale e professionale. E poi la terza età, ciò che significa per lei, donna pienamente liberata e convinta che i modelli imposti portino a una forma di pregiudizio contro la vecchiaia non dissimile dagli atteggiamenti sessisti e razzisti.

Romanzo che commuove e fa sorridere con le vicende di una guardiana di un cimitero

Valérie Perrin, Cambiare l’acqua ai fiori, Edizioni E/o 2019

Violette Toussaint è guardiana di un cimitero di una cittadina della Borgogna. Durante le visite ai loro cari, tante persone vengono a trovare nella sua casetta questa bella donna, solare, dal cuore grande, che ha sempre una parola gentile per tutti, è sempre pronta a offrire un caffè caldo o un cordiale. Un giorno un poliziotto arrivato da Marsiglia si presenta con una strana richiesta: sua madre, recentemente scomparsa, ha espresso la volontà di essere sepolta in quel lontano paesino nella tomba di uno sconosciuto signore del posto. Da quel momento le cose prendono una piega inattesa, emergono legami fino allora taciuti tra vivi e morti e certe anime, che parevano nere, si rivelano luminose. Attraverso incontri, racconti, flashback, diari e corrispondenze, la storia personale di Violette si intreccia con mille altre storie personali in un caleidoscopio di esistenze che vanno dal drammatico al comico, dall’ordinario all’eccentrico, dal grigio a tutti i colori dell’arcobaleno.

Consigli di Ilaria La Fata

Guerra e Resistenza

Filmografia

Roma città aperta, 1945

Un giorno nella vita, 1946

Achtung banditi, 1951

Tutti a casa, 1960

Le 4 giornate di Napoli, 1962

Corbari, 1970

L’Agnese va a morire, 1976

La notte di San Lorenzo, 1982

Porzus, 1997

I piccoli maestri, 1998

I nostri anni, 2000

Pastasciutta antifascista 2022 a Parma!

Lunedì 25 Luglio a Parma ritorna la Pastasciutta Antifascista!La storia di questa ricorrenza è al tempo stesso sia una storia del nostro territorio che la Storia con la S maiuscola. Il 25 Luglio del 1943 la famiglia Cervi offrì un piatto di pasta ai presenti per festeggiare la destituzione di Benito Mussolini.
Quella sera nessuno avrebbe potuto prevedere quanto sanguinosi sarebbero stati i mesi successivi. E quante vite partigiane si sarebbero dovute sacrificare per la liberazione di un popolo intero. Oggi, così come ogni singolo giorno, è fondamentale far riemergere quei vissuti che compongono la Storia. Il fascismo c’è ancora, come allora è portatore di odio e ingiustizie sociali, va riconosciuto nelle sue forme e combattuto con fermezza e con reale democrazia, partecipazione e umanità.
Una semplice pastasciutta, un potente simbolo di condivisione, contro tutti i fascismi.

Vi aspettiamo tutte e tutti lunedì 25 luglio presso il cortile del circolo “Aquila Longhi” in vicolo S. Maria 3 alle ore 20.

Con la partecipazione di Oltrecoro, dei Lampogas e di Rocco Rosignoli.

Le risposte dei candidati sindaco

Ad oggi a rispondere alla nostra lettera aperta sono stati in quattro su dieci. Il primo in ordine di tempo è stato Dario Costi, candidato di Civiltà Parmigiana, lista civica di centrodestra, che ha risposto in questo modo:

Buongiorno, grazie della vostra sollecitazione che mi dà la possibilità di intervenire su un tema a me caro in quanto nipote di partigiani a cui sono stati trasmessi i valori di democrazia e libertà, principi purtroppo oggi dati spesso per scontati e quindi facilmente sotto attacco. Cosa farei per tenere viva la lotta contro le discriminazioni e le dittature? Farei tanta formazione nelle scuole che mi sembra la cosa più importante e inoltre manterrei grande rispetto (che significa manutenzione ma anche nuove installazioni) per i luoghi simbolo della nostra lotta. Proprio dall’attenzione di questi luoghi nasce la consapevolezza dell’attenzione che le istituzioni hanno per i propri principi fondanti.
Sono disponibile a discutere con voi di nuovi luoghi della memoria da pensare in città dove ribadire l’importanza della Costituzione e dei valori che regolano la nostra società civile. 
Un saluto cordiale

Dario Costi

Marco Adorni, candidato per la lista “L’Altra Parma”, l’ha seguito a breve distanza, ponendo l’attenzione su come lo slogan della sua lista multicolore abbia un esplicito richiamo alla carta fondante della Repubblica: “Uniti per la costituzione”.

Il claim del nostro Comitato, “Uniti per la Costituzione” è già piuttosto esplicito rispetto al tipo di mission cui ci impegniamo nel candidarci alla carica di sindaco di Parma.

Per difendere i valori della Repubblica democratica, anche a livello comunale, non bisogna fare niente di straordinario: si tratta di applicare i principî fondamentali della nostra Costituzione.

Il “ritorno del fascismo”, se è questo ciò su cui sentiamo l’urgenza di intervenire pubblicamente, non si combatte a forza di regolamenti o restrizioni della libertà ma con le buone prassi amministrative e la buona politica. Le persone oggi hanno paura: dei mercati globali, della crisi economica, dell’emergenza (prima pandemica, ora dei costi delle materie prime), della povertà e della criminalità diffusa. È soltanto intervenendo su tali paure che metteremo in pratica i principî della Costituzione e toglieremo le basi di consenso a coloro che, sfruttando il malcontento popolare, auspicano soluzioni autoritarie alla crisi della rappresentanza

Andrea Bui, candidato per Potere al Popolo, risponde pubblicamente su facebook, ponendo l’accento su quanto della carta costituzionale debba ancora essere applicato, e sul suo impegno a farlo:

La festa della Repubblica è l’occasione migliore per rispondere all’appello che l’Anpi di Parma ha fatto ai diversi candidati sindaci sulla cultura antifascista. Sia chiaro che quando penso alla festa della Repubblica non mi vengono in mente le frecce tricolori che sorvolano l’Altare della patria a Roma o le parate militari. Penso, invece, al momento di passaggio dal Regno d’Italia e dal regime di Mussolini alla partecipazione democratica, al suffragio finalmente universale, ai partiti che si fanno rappresentanti dei bisogni dei diversi ceti sociali. In quel momento, fu scritta la Costituzione italiana, ancora oggi indicata come un esempio cui ispirarsi dai più preparati giuristi e filosofi del diritto.Eppure, nel 1950, a soli due anni dalla sua approvazione, uno dei suoi artefici, Piero Calamandrei, scrisse che la Costituzione era «rivoluzione mancata», cui la destra non si oppose in cambio di una «rivoluzione promessa» pensata da sinistra. Il riferimento era all’impianto programmatico del testo – così dicono i giuristi –, cioè alla tutela dei diritti sociali, oltre che a quelli politici e civili. E aggiunse che solo l’avvenire avrebbe potuto dire «quale delle due parti, in questa schermaglia, abbia visto più chiaro».Ora, a distanza di 74 anni, si può trarre un bilancio e affermare che, a seconda delle diverse fasi della storia Repubblicana, hanno vinto gli uni e gli altri a fasi alterne. Nella stagione dei movimenti, ad esempio dopo il Sessantotto, la Carta costituzionale servì come una concreta sponda giuridica alla conflittualità sociale e ad aprire una grande fase di democratizzazione. Servì cioè a realizzare in parte quei diritti sociali di cui la Costituzione parla. Da almeno quattro decenni, tuttavia, lo smantellamento sistematico di quei diritti ci segnala che, al di là di come si definiscono, gran parte dei principali partiti sono riusciti ad affossare o a rimandare «per un altro secolo» quei diritti.Ecco, per me, oltre al richiamo dello spirito antifascista, appellarsi alla Costituzione significa far avanzare il progetto di uguaglianza sociale che ne innerva la sua carica rinnovatrice.

Di tutt’altro tono la replica di Luca Galardi, del movimento 3V (Vaccini Vogliamo Verità), che sostiene che i partigiani “si vergognerebbero […] di una società che ha svenduto il proprio sangue per paura di un’influenza”, e lamenta l’assenza dell’ANPI dalle piazze antivacciniste.

Lettera aperta, una domanda ai candidati sindaci

Pensare e vivere la città

Parma: spazio di cittadinanza, luogo di democrazia

Appello ai candidati sindaci democratici e alle forze politiche

Un merito certo non secondario dell’esperienza resistenziale è rappresentato dall’aver favorito un nuovo desiderio di partecipazione alla vita collettiva, «una ripresa della parola dal basso», che si manifestò in modo compiuto nell’immediato dopoguerra.

Santo Peli

Le città sono «oggi i luoghi in cui le insicurezze concepite e incubate nella società si manifestano in forma estremamente condensata e perciò particolarmente tangibile» (Z. Bauman). La crisi della democrazia, l’incertezza del presente e le molteplici paure che caratterizzano le esistenze rischiano di portare alla chiusura degli spazi urbani, alla costruzione di nuovi muri, a nuove recinzioni. Il senso dello Stato e il senso della comunità allora, anche a Parma come nel resto dell’Italia, rappresentano ancora il più efficace antidoto alle paure, una promessa di opportunità numerose e differenti per tutte e tutti, la via al rispetto dei diritti e alla pratica dei doveri all’interno di uno spazio urbano condiviso.

A questo patrimonio comune si aggiungono anche e soprattutto le culture politiche che hanno plasmato la storia di Parma. Ci riferiamo in particolare all’articolata cultura antifascista e partigiana portatrice dei valori di uguaglianza, libertà e giustizia sociale che ritroviamo nella nostra Costituzione, valori che non sono frutto di una concessione ma di una conquista, armi preziose per ritrovare il coraggio civile davanti alle guerre, al pensiero unico, alla corruzione, all’arroganza assunta troppo spesso dal potere.

Oggi più che mai è necessario che ogni forza politica coerentemente democratica s’impegni per arginare la pericolosa messa in discussione di quella cultura, per scongiurare l’approdo verso una collettività immobile e chiusa, facile preda dei razzismi, del sessismo, delle derive neofasciste e xenofobe che attraversano l’Italia e l’Europa, lontana da quello spirito di responsabilità individuale che ha caratterizzato la scelta partigiana.

Attraverso la conoscenza dei processi di costruzione della memoria dell’antifascismo e della Resistenza, fuori da ogni retorica o monumentalizzazione, un Comune responsabile può guidare la comunità a riappropriarsi degli strumenti critici utili a cogliere le complessità dell’oggi, a vivere attivamente gli spazi urbani trasformando la città in un laboratorio inclusivo di idee, dove ci si possa impegnare insieme per una cultura di pace, in un luogo di accoglienza e di partecipazione.

Il 12 giugno a Parma si terranno le elezioni amministrative: è l’occasione per un appello alle Istituzioni, il cui ruolo nella vita comunitaria è fondamentale, affinché con il loro agire esse si facciano portatrici di un cambiamento culturale profondo, si impegnino per risvegliare la passione civile e per coinvolgere le cittadine e i cittadini nel progetto di città futura.

Quindi, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – Sezione di Parma chiede ai candidati coerentemente democratici e alle forze politiche che li sostengono:

Cosa pensa di fare il candidato sindaco di Parma per esercitare il proprio ruolo in un’ottica di rispetto per le cittadine e i cittadini di Parma, per i suoi abitanti, di rispetto per quella cultura politica antifascista e democratica cui la comunità deve la propria identità, e, di conseguenza, in un’ottica di attuazione dei dettami costituzionali?”

Non sembri banale ricordarlo, ma l’art. 114 della Costituzione inizia affermando che “La Repubblica è costituita dai Comuni…”. Il Comune è dunque un organo dello Stato, quello “Stato” di cui ciascuno di noi è parte fondante; è il primo contatto di ogni cittadina/cittadino con le Istituzioni. Il Comune in quanto tale ha come mandato primario, nel limite delle sue possibilità, quello di applicare in modo “sostanziale” e non soltanto formale la Costituzione italiana e i suoi principi democratici.

Ogni essere umano è chiamato alle proprie responsabilità verso sé stesso e verso il prossimo, crediamo che chi si candida ad amministrare questa città non lo possa fare senza tener conto di questo fondamentale dovere.

La Presidente

Brunella Manotti

Diritto allo studio: no alla chiusura dei corsi serali a Parma

Nella nostra sala riunioni compaiono ben due busti di Giacomo Di Crollalanza, comandante “Pablo”, che guidò le forze partigiane del parmense fino all’ottobre del 1944, quando cadde nell’eccidio di Corniglio (PR).

Uno di questi due busti è il dono di un artista. Dalla targa dell’opera, leggiamo che il suo nome è Ching Chang Wang, e che ha potuto apprendere l’arte della scultura proprio grazie al corso serale dell’allora Istituto d’Arte Paolo Toschi (oggi Liceo Artistico Statale).

Proprio ieri ci è arrivata notizia che i corsi serali delle scuole di Parma a settembre non saranno riattivati, con la sola eccezione del quinto anno. E ci chiediamo quanti validi artisti come Ching Chang Wang dovranno rinunciare all’arte. Perderemo un potenziale patrimonio di competenze e di bellezza, tutto per via di una decisione scellerata, che va in aperta contraddizione con il principio di diritto allo studio sancito dall’articolo 34 della Costituzione, e che penalizza proprio quei “meritevoli anche se privi di mezzi”, quelli che nella scuola cercano faticosamente una via di emancipazione. E abbiamo aperto il nostro intervento parlando della professione artistica, ma il discorso vale anche per tutti gli altri mestieri, fondamentali e altrettanto dignitosi, per i quali gli studenti vengono formati al Rondani, IPSIA, ITIS, Giordani, Bodoni, Magnaghi Solari. Quanti disoccupati non potranno più acquisire le competenze necessarie per rientrare nel mondo del lavoro? Quanti adulti che hanno interrotto gli studi non potranno più portarli a compimento?

ANPI non può accettare una simile violazione dei diritti costituzionali, ed è per questo che la segreteria della Sezione Cittadina di Parma ha deciso di aderire al presidio indetto per giovedì 26 maggio in Piazza Garibaldi alle 11: al fianco degli studenti, e degli studenti-lavoratori, per un mondo egualitario in cui il diritto allo studio sia una realtà tangibile e non una formula vuota.

“Io spero che a narrar ti riesca”: scolaresca in visita alla mostra ANPI

Martedì 17 maggio 2022 la sede ANPI si è animata, grazie alla presenza di due classi della scuola media Parmigianino, venute a visitare la mostra Canzoni ribelli, colori e pennelli dell’artista Alessandro Pensato, realizzata dalla sezione ANPI cittadina in occasione del 25 aprile. La scolaresca ha avuto l’occasione di ammirare i dipinti, ascoltando la storia della canzone che li aveva ispirati, e sperimentando così un modo nuovo e differente di avvicinarsi a questi eventi del passato. Questi ragazzi infatti, nati ben dopo il 2000, non hanno per forza di cose potuto vivere direttamente i testimoni di quel momento unico e grandioso che è stata la Resistenza. Ma la musica è un’arma potente, ed è in grado di evocare grandi emozioni. La musica è quanto di più simile alla magia sia rimasto nel nostro mondo, perché cambiando i nostri sentimenti è in grado di cambiare il modo in cui vediamo la realtà, e quindi in qualche misura anche la realtà stessa. E così, tra una battuta e un canto fatto in compagnia, il cantautore Rocco Rosignoli ha raccontato la storia di Picelli, che combatté a Parma ma poi, anni dopo, cadde in terra di Spagna; ha raccontato di come i partigiani abbiano cantato la loro lotta, partita “dalle belle città” e maturata “sulle aride montagne”, dove i combattenti riuscivano comunque ad agire in maniera compatta nonostante la frammentazione, grazie alle staffette, in gran parte donne. E ha fatto imbracciare a un giovane musicista la sua chitarra, facendogli accompagnare “Fischia il vento”, scritta da quel Felice Cascione il cui sacrificio rimane uno degli esempi di eroismo più fulgidi della lotta per la Liberazione.

I ragazzi hanno riso, si sono commossi, hanno cantato, e soprattutto hanno ascoltato per più di due ore i racconti partigiani contenuti in quelle canzoni. Tanti giovani ragazzi e ragazze “dalle guance di pesca”, che speriamo possano tornare a sentire quell’afflato di libertà e giustizia sociale che, tanto tempo prima della loro nascita, spinse i nostri partigiani a ribellarsi contro il regime fascista e l’occupazione nazista.

La sezione cittadina di ANPI ringrazia di cuore le insegnanti della scuola media Parmigianino per la fiducia accordata alla nostra Associazione, per averci permesso di parlare coi loro, anzi, coi nostri ragazzi, di quello che è stato l’episodio fondante della nostra repubblica. E ricordiamo a tutti che la sede è sempre aperta per chi vuole venirci a visitare; ci rivolgiamo in particolare alle scolaresche, ma l’invito è aperto sempre e comunque a tutti.

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