I capannoni di Parma sono stati molto più che degli edifici: la loro storia è identità della città più povera, della Parma proletaria e ribelle che tra fine ‘800 e gli anni ’20 del ‘900 ha dato tanto filo da torcere ai padroni. La mostra dedicata a questa realtà, curata dal Centro Studi Movimenti e dall’Università di Parma, è stata oggetto di una visita guidata riservata ai soci ANPI.


Tra i curatori della mostra infatti c’è anche Paolo Giandebiaggi, docente presso la Facoltà di Architettura di Parma, che è anche vicepresidente della nostra sezione cittadina. È stato proprio lui la guida d’eccezione che gli iscritti ANPI hanno avuto la fortuna di avere a disposizione nella mattinata di domenica 10 aprile. La visita è stata emozionante ed esaustiva: Paolo ha guidato i presenti alla scoperta, o alla riscoperta, della realtà dell’Oltretorrente, delle sue numerose rivolte, e di come in epoca fascista quella città a sé stante sia stata oggetto di operazioni di “risanamento” dal sapore punitivo.


I famosi capannoni nascevano proprio per ospitare gli sfollati dei quartieri popolari (principalmente Oltretorrente, ma non solo) e avrebbero dovuto essere temporanei. Restarono invece una realtà fino al 1970. Grossi edifici dal tetto spiovente, divisi in unità abitative di un solo locale di circa 30 metri quadri, con bagni esterni comuni. In ogni monolocale, fatto di un solo ambiente, viveva un’intera famiglia. Ufficialmente erano dimore temporanee, in attesa della ricostruzione dei quartieri sventrati.


I quartieri in questione erano effettivamente in pieno degrado da circa quarant’anni, e un intervento di risanamento era necessario. In realtà però i vecchi borghi venivano riempiti di edifici amministrativi: le case popolari non erano nemmeno previste, e gli ospiti dei capannoni non ebbero un posto in cui tornare. Quelli che potevano se ne andarono altrove, gli altri rimasero là. Pensati appositamente per invogliare chi li abitava ad andarsene, i capannoni divennero il luogo dei diseredati. Il termine “capannone” passò, nel linguaggio parlato, a designare persone di bassa estrazione sociale, facili alla volgarità e all’urlo.
La mostra è estremamente efficace nel ricostruire gli eventi storici, la realtà urbanistica della città, le atmosfere di un’epoca cruciale della storia del nostro paese, e della nostra città in particolare. Ringraziamo Paolo Giandebiaggi per la sua disponibilità, e consigliamo a chi non l’avesse ancora fatto di visitare la mostra: rimarrà al Palazzo del Governatore fino al 25 aprile.