Avrei voluto scrivere quest’articolo in terza persona, facendo un resoconto dell’incontro di ieri presso la sede ANPI di Piazzale Barbieri 1, e dedicato alla figura di Laura Polizzi, partigiana “Mirka”, di cui la sezione porta il nome insieme a quello della sorella Lina. Ma ho scelto di farlo in prima persona, perché quello a cui abbiamo assistito non è stato solo un incontro di divulgazione storica su di una figura fondamentale dell’antifascismo parmigiano e nazionale: tra quelle mura ieri si sentiva quella persona, che come poche altre ha contribuito a costruirle, a tenerle in piedi, a farne il posto che è oggi, e che ora porta il nome suo e di sua sorella Lina.
Una sala piena, ricca di iscritti e di amici dell’ANPI, nonché dei famigliari di Mirka. Aldo Montermini, suo figlio, che è stato presidente provinciale ANPI dal 2016 al 2021 e che è attualmente nella segreteria cittadina, era fra i relatori della giornata, insieme a Carmen Motta dell’ISREC (che proprio in questi giorni sta ultimando un quaderno didattico dedicato alla figura di Laura Polizzi) e a Brunella Manotti, presidente della sezione cittadina e membro della segreteria Provinciale. L’ottima attrice Laura Cleri ha dato voce a Mirka leggendo numerose pagine delle sue memorie.
Le relazioni hanno ripercorso le tappe della carriera di Mirka, raro esempio di donna partigiana combattente, cresciuta in una casa di antifascisti e finita per scelta a combattere in montagna, diventando vicecomandante delle brigate Garibaldi dell’appennino reggiano. Le notizie storiche portate con competenza da Carmen Motta e da Brunella Manotti si sono però concesse una deviazione dal mero rigore accademico, concentrandosi sulla personale conoscenza che entrambe hanno avuto con Mirka, riportando aneddoti, episodi, conversazioni, che tanto hanno svelato del carattere di questo grande personaggio, al punto di farci sentire viva e tra noi la sua presenza come persona. A completare il quadro, le memorie personali, famigliari, portate da Aldo Montermini e dalle figlie, nipoti di Mirka, che hanno descritto l’orgoglio ma anche la fatica di essere legati dall’amore più profondo a una donna così circonfusa di affetto pubblico, così legata a impegni istituzionali: “non era certo la mamma né la nonna del mulino bianco”, hanno detto in tono scherzoso, ricordando anche la rigidità del suo carattere, temprato dall’esperienza partigiana e dalla vita politica, una vita politica che la vedeva protagonista in un’epoca in cui le donne con un ruolo non ancillare si contavano sulle dita, se non di una sola, quantomeno di poche mani.
Una cosa mi ha colpito, ed è il motivo per cui alla fine ho deciso di scrivere questa cronaca in prima persona. Carmen Motta ha raccontato di quando, dopo che nel 2006 l’ANPI decise di aprire il tesseramento anche ai non partigiani, Mirka l’avesse voluta vedere personalmente per invitarla a tesserarsi. Carmen aveva risposto di sì, naturalmente, che per l’ANPI c’era sempre stata e che avrebbe preso anche la tessera senza problemi. Si era sentita però rispondere che la tessera non va presa così alla leggera: significa abbracciare una causa, significa voler contribuire alla costruzione di una comunità, partecipare a un’attività che, mettendo insieme componenti diverse ma con uno scopo comune, tende alla realizzazione di un ideale che non si è compiuto col 25 aprile del ’45. Significa scegliersi una famiglia. Quando io ho iniziato a essere un volontario attivo all’interno di ANPI, il presidente provinciale era proprio Aldo: nelle parole che Carmen si sentì rivolgere da Mirka ho rivisto l’esatto atteggiamento che aveva lui nei confronti di chi si metteva di buona lena a disposizione dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.
Non è stata una commemorazione, quella di ieri: è stata la rievocazione di una presenza ancora forte tra le mura di questa nostra sede, custode di quella fiamma che ha fatto di tutto per tenere accesa fino a trasmetterla a noi.
Adesso è il nostro turno.
Rocco Rosignoli