Dopo la pioggia intensa nel corso della settimana, una bella giornata sabato 12 ottobre: si sente l’aria frizzantina di un autunno incipiente e che si appresta ad assumere colori variegati e dorati, ma non si ha tempo di indugiare, un appuntamento importante ci attende. Brunella ed io incontreremo nel Parco ducale una scolaresca di giovani diciassettenni del Liceo Marconi, il loro progetto di classe prevede una riflessione sulla città, qual è la città ideale? Come la vivono i ragazzi, che qualità le riconoscono e quali vizi le imputano? Allora perché non cominciare a conoscere il quartiere mito, l’Oltretorrente, e chi meglio di Anpi può fare da guida? Così Brunella ed io, onorate e onerate dal compito che ci attende , dopo aver preparato un piccolo itinerario, attendiamo davanti al Palazzo Ducale, dove si è consumato il primo atto di resistenza all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre del ’43. I ragazzi arrivano, sembra che trascinino i piedi, noi ci guardiamo e accenniamo un gesto d’intesa come a dirci “sarà dura”! Brunella spiega e racconta l’evento di tanti anni fa, forse per loro è quasi preistoria pensiamo, ma lo sguardo di qualcuno di loro si accende, un brusio ad accennare un intervento, frenato dalla timidezza si avverte , poi uno studente legge a voce alta la lapide apposta nel ventennale dell’episodio: si possono così conoscere attraverso il linguaggio due epoche, dice Brunella, quella del fatto e quella degli anni in cui prevaleva una certa retorica. Nel breve tratto verso la seconda tappa in borgo Rodolfo Tanzi un ragazzo mi si avvicina e mi racconta che un suo prozio è morto da partigiano in Valtellina: il ghiaccio è rotto, i ragazzi cominciano ad essere partecipi. Tocca a me ora raccontare dei bombardamenti del 25 aprile del 1944, di cui è possibile vedere tracce nel retro di Santa Maria delle Grazie, ma a questo punto non posso esimermi dal narrare di come è nato il quartiere, del suo nome e delle vite che in esso si sono svolte, confesso che avrei parlato ancora più a lungo se non fosse stato per il limite del tempo. Alla terza tappa in vicolo Santa Maria davanti a casa Polizzi prende il filo del nostro racconto Aldo, che, incontrato casualmente al mercato del contadino mentre mi recavo all’appuntamento e lasciavo la mia bicicletta, si è unito a noi. La commozione è palpabile, mentre Aldo mostra il portone e le foto della stele apposta all’edificio, intreccia la storia a ricordi personali della sua famiglia e insieme ci entusiasmiamo a rammentare i libri della casa, biblioteca che fu vandalizzata dai fascisti all’arresto dei suoi. Invece un sorriso appare nei volti di tutti noi davanti al Convento delle suore Chieppine in borgo Bernabei: ci immaginiamo la Madre superiora intenta a seppellire nell’orto le armi portate dai primi resistenti. L’itinerario si conclude in Strada del Quartere davanti a casa Fano: la nostra storia sarebbe stata monca se non avessimo parlato della deportazione degli ebrei e quelle pietre d’inciampo sono come un pugno allo stomaco, anche i piccoli Luciano, Liliana e Roberto non furono risparmiati così come i loro nonni, non c’era età che suscitasse pietà. I ragazzi sono attenti e coinvolti tanto che prestano attenzione ancora alla vicenda di Daniele Bertozzi e della Brigata Parma Vecchia, la sesta tappa che non potremo raggiungere per il motivo che molti di loro abitano fuori Parma e si servono dei mezzi pubblici per raggiungere casa, perciò non si può rischiare che perdano coincidenze, li congediamo con la quasi certezza di avere seminato curiosità e desiderio di saperne di più. Io recupero la mia bicicletta e penso, rinfrancata a tutti i dubbi che avevo all’inizio: è stata proprio una bella mattinata.

Giovanna Bertani